giovedì 22 novembre 2012

Pane, Roma e fantasia

Roma sa trasformare una giornata qualsiasi in poesia.

Un muro che cade a pezzi, due tappeti, un gatto. Qualche luce natalizia e una vecchia lanterna. A Roma basta poco per farti sentire parte di qualcosa di romantico e reale.
Una passeggiata fra le rovine del Ghetto, quel forno piccolo piccolo ma che profuma di frolla tutto il Portico d'Ottavia. Due passi verso piazza Campitelli, quella salita stretta e tortuosa nascosta dietro una porticina che in pochi notano. Farla scoprire a due amiche e riscoprirla tu stessa ogni volta.

Un passeggino con un nano che dorme sereno e ti fa respirare, guardare, assaporare. Ricordare per due ore che sei anche ragazza, oltre che mamma.

Quella vetrina con le prime ghirlande natalizie, i segnaposto coi pupazzi di neve, gli gnomi e le bacche rosse e tornare a 20 anni fa, quando facevi già il conto alla rovescia e buttavi giù una prima bozza della lista di regali da chiedere a mamma e papà. E pensare con un brivido che fra qualche anno quella lista arriverà a te. Ti fa venire voglia di vestire il nano da elfo, fargli mille foto e farti odiare quando da grande gliele mostrerai.

Piazza Farnese, un caffè e quattro chiacchiere e la gente e la vita che ti scorre intorno frenetica e colorata e quei sampietrini così belli e così sconnessi, un po' come me.

Una voglia infinita di rimanere ferma qui per sempre, ai miei trent'anni, alle amiche nuove che mi piace come ridono, a una Roma che ancora mi commuove e mi fa stare bene, mi abbraccia e mi rincuora.




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