lunedì 19 novembre 2012

Smile, stupid.


Il potere infinito di un sorriso.

Che veste più di ogni trucco. Che è in grado di dare una sterzata ai giorni partiti sotto tono. Che parte dallo stomaco quando rivedi le foto di te a tre anni.

Un sorriso. Ingenuo e buffissimo di mio figlio Vittorio, quando imito Paperino. E alla fine sorrido pure io.

Quello autentico di Stefania, la biscottaia di via della Luce. Che quando entro nel suo angolo di Paradiso me ne regala sempre uno (oltre a una manciata dei miei ventaglietti preferiti).
Quello bello e profondo di mia madre, largo e genuino come lei. Incorniciato da quelle rughe che la rendono una donna speciale.
Quello appena pronunciato di mio padre, che quand'ero piccola mi diede un consiglio: "non eccedere mai nella manifestazione delle tue emozioni, che siano di gioia o di dolore". E che non sono mai riuscita a seguire.

Quello nascosto sotto una barba fitta come quella del mio uomo, che ogni volta provo a ricordare come sarebbe quel sorriso a volto scoperto.

Quello che "basta poco", che ti avvicina alla gente, che ti fa sentire bella. Quello che se è vero si allarga agli occhi, arriccia il naso, sprofonda in due fossette.

Quello strano scambiato con un estraneo in ascensore. Quello furtivo di due amanti seduti allo stesso tavolo. Quello dolce di una nonna che guarda il nipotino. Quello teso di uno sposo che aspetta la sua donna all'altare.
Quello che stamattina mi ha regalato un anziano per strada, così, senza un perché.






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