mercoledì 28 novembre 2012

Il ponte tibetano

Legge di Murphy per neomamme: se tuo figlio deve fare il vaccino, pioverà.
Non una pioggerella leggera. Non due nodi di vento. Una bufera epocale che si abbatterà su di te e sul tuo quartiere in quattro momenti esatti: l'uscita da casa; il tragitto dalla macchina al centro vaccinazioni; i due percorsi inversi.

Il tuo passeggino dovrà superare torrenti d'acqua, sampietrini lisci come saponette, pozzanghere fangose. Dovrai inoltre munirlo di copertura in plastica antipioggia. E poi portare: l'ombrello che non si sa mai, la copertina dovesse far freddo, il cappello perché - si sa - il vento è il nemico dei bimbi, la documentazione pediatrica per carità, i giochini e i sonagli perché in sala d'attesa come lo distrai, pannolino di ricambio e salviette umidificate che fanno solo in pacchi da 6 kg.

Il ponte tibetano della maternità.

E quando finalmente varchi la soglia di casa e sogni solo un bagno caldo e due massaggiatori ad aspettarti, il nano, che non ha emesso vagito nemmeno al momento della puntura, giustamente si ricorda che invece ora gli fa male, che vuole essere coccolato, che ha DIRITTO di piangere, che essere nervosetto è quasi un obbligo altrimenti che neonato è.

E così una nuova esaltante giornata se ne va "in vacca", e non ti resta che consolarti con un barattolo di nutella. Intero. Fino a vederne il fondo di vetro luccicare.



martedì 27 novembre 2012

Preferisco le montagne russe


Fare downshifting. Scalare la marcia. Decomprimere. Chiudere gli occhi e respirare profondo.

Con il nano che piange-ciuccia-ripiange-riciuccia in un meccanismo continuo che ti inghiottisce intere giornate, intere settimane, non è concesso. E ti ritrovi dopo tre mesi e mezzo a dirti "ma io in questo tempo lunghissimo che ho fatto?". Ti verrebbe da dire "niente". Perché non lavori, esci poco, le feste per ora non sai che sono, i locali pubblici te li sei dimenticati.

Eppure poi lo guardi. E quel "niente" sono 12 cm di uomo in più rispetto al giorno in cui è nato. Sono sorrisi grandi che si schiudono dal pianto quando lo sollevi. Sono mani che finalmente afferrano cose e ogni giorno sono più coordinate. Sono sguardi attenti e curiosi, che ti seguono quando ti allontani.
Soprattutto, quel "niente" è pensare a quello che c'è dopo. Crescerlo. Immaginarlo adulto.

Vittorio è la mia montagna russa, capace di farmi sentire completa e incasinata. Stanca morta e piena di forza. Una mamma speciale e una ragazzina che non capisce nulla. Niente vie di mezzo. Pericolosamente in alto, spaventosamente in basso.

E allora poi pensi che per il downshifting c'è tempo. C'è una vita intera. E per respirare ti accontenti di una breve passeggiata al parco quando non piove. Perché per ora preferisci le montagne russe, la meraviglia.



sabato 24 novembre 2012

Voglia d'autunno

Voglia di viali ricoperti di foglie rosse, di zucche dentro e fuori dal piatto, di caldarroste agli angoli delle strade. Di colazioni con torta di castagne e caffelatte.

Voglia di autunno, di vestirsi di autunno, di respirarlo nell'aria fredda. E la sensazione che stavolta durerà solo pochi giorni, per fare spazio a un inverno che ogni anno se ne divora un pezzetto.

Voglia di vestire il nano da ragionier Filini, riempirlo di baci, portarlo a spasso in quei viali alberati arancioni e gialli e porpora e coprirlo da questo sole tenue e rassicurante.









venerdì 23 novembre 2012

Datemi una bambina, vi prego
















Vi prego, prestatemi una bambina piccola. Dai due ai quattro anni. Mi bastano solo un paio di mesi. La vesto con tutto quello che vedo su Pinterest e poi ve la restituisco. Dai.

Voglio dire. Va bene Vittorio. Va bene che volevo un maschio. Ma sapete cosa significa entrare in un negozio di abbigliamento per bambini ed essere costretti a mettere a paragone la fantasia, l'originalità, la delicatezza, il romanticismo dei vestiti da bambina... con la banalità, la mosceria, la mancanza di stile di quelli da bimbo? Una frustrazione esagerata.

Per creare combinazioni che si allontanino diametralmente dai completini agghiaccianti della Chicco ci viene richiesto uno sforzo sovrumano. Oltretutto siamo costrette a svenarci, strizzarci le meningi, avvelenarci, escluse le rare occasioni in cui H&M e Zara ci salvano vita e portafogli.

Invece alle fortunatissime mamme di una figlia femmina basta un fiorellino in testa. Uno stupidissimo fiocco fatto in casa. Un abbinamento grunge. Una calza a trame fitte e una ballerina di vernice. Adoro.

E non ditemi "fai una bambina". No. Non ditelo. Che se poi esce di nuovo maschio che faccio? L'unico vantaggio sarebbe l'operazione riciclo: spogliare un altare per vestirne un altro.

Oggi cerco in giro qualcosa di decente per Vittorio, domani resoconto.


Foto Pinterest - Etsy


giovedì 22 novembre 2012

Pane, Roma e fantasia

Roma sa trasformare una giornata qualsiasi in poesia.

Un muro che cade a pezzi, due tappeti, un gatto. Qualche luce natalizia e una vecchia lanterna. A Roma basta poco per farti sentire parte di qualcosa di romantico e reale.
Una passeggiata fra le rovine del Ghetto, quel forno piccolo piccolo ma che profuma di frolla tutto il Portico d'Ottavia. Due passi verso piazza Campitelli, quella salita stretta e tortuosa nascosta dietro una porticina che in pochi notano. Farla scoprire a due amiche e riscoprirla tu stessa ogni volta.

Un passeggino con un nano che dorme sereno e ti fa respirare, guardare, assaporare. Ricordare per due ore che sei anche ragazza, oltre che mamma.

Quella vetrina con le prime ghirlande natalizie, i segnaposto coi pupazzi di neve, gli gnomi e le bacche rosse e tornare a 20 anni fa, quando facevi già il conto alla rovescia e buttavi giù una prima bozza della lista di regali da chiedere a mamma e papà. E pensare con un brivido che fra qualche anno quella lista arriverà a te. Ti fa venire voglia di vestire il nano da elfo, fargli mille foto e farti odiare quando da grande gliele mostrerai.

Piazza Farnese, un caffè e quattro chiacchiere e la gente e la vita che ti scorre intorno frenetica e colorata e quei sampietrini così belli e così sconnessi, un po' come me.

Una voglia infinita di rimanere ferma qui per sempre, ai miei trent'anni, alle amiche nuove che mi piace come ridono, a una Roma che ancora mi commuove e mi fa stare bene, mi abbraccia e mi rincuora.




mercoledì 21 novembre 2012

Un Natale fai-da-te

Oggi mi è presa così. Col Natale.

Sarà che ormai sono diventata più previdente e lungimirante di mia madre. Sarà che ho ancora gli ormoni in subbuglio da allattamento. Sarà dunque che vedo romanticismo pure dove non c'è e mi commuovo davanti alle prime lucine colorate e alla neve finta (che peraltro in fondo in fondo continuo a odiare con tutta me stessa). Ho deciso che è ora di pensare in largo anticipo a Santa Claus e a tutto l'Amba Aradam, perché ridendo e scherzando (ma neanche troppo) tra poco più di 30 giorni siamo alle prese col panettone e quei 90 parenti cugino più cugino meno, che non ci ricordiamo nemmeno più come si chiamano ma che il 24 dicembre spuntano come funghi al tavolo della vigilia e ti levano i soliti 20 euro a tombola.

In clima di recessione spinta che si regala? Un bel pacchetto riciclato dall'anno prima? Inutile che dite di no. L'abbiamo fatto tutti. Non c'è niente di male a far scomparire nel nulla quel maglione verde di lana cotta urticante con sopra ricamato un alce con le foglie di pungitopo. O il seicentesimo paio di calzettoni con l'antisdrucciolo che la vostra prozia vi regala da quando siete nati, forse pensando in buona fede che ci andate anche a spasso e che vi si consumano in fretta e ve ne serve un paio l'anno.

Il riciclo intelligente va bene (basta ricordarsi di cambiare il biglietto di auguri), ma non bisogna esagerare. E soprattutto va bene solo per i conoscenti. Per gli amici io tifo per il regalo DIY, do it yourself, fai da te. E' un modo per dimostrare di averci messo impegno, ma anche per risparmiare qualcosina. Senza contare che si può modificare a proprio gusto e in base a chi lo riceverà.

Da qui a Natale, una volta a settimana ne scelgo due o tre fra quelli che in rete mi sembrano divertenti e facili da realizzare. Cominciamo così, col bianco e nero.


Prendete degli stupidissimi barattoli di vetro di diverse dimensioni e gli animaletti che si trovano dal giocattolaio (o qualsiasi altro oggetto in plastica di vostro gusto). Li incollate sul tappo e li pitturate con vernice opaca nera. Sono perfetti se dentro ci mettete dei dolcetti o dei cioccolatini bianchi. E' un regalo che a me piacerebbe ricevere.


Tazze semplici di porcellana. Ne colorate metà con pittura di ardesia per porcellane. Divertenti.


Il domino fatto coi sassi. Un po' retrò.

lunedì 19 novembre 2012

Smile, stupid.


Il potere infinito di un sorriso.

Che veste più di ogni trucco. Che è in grado di dare una sterzata ai giorni partiti sotto tono. Che parte dallo stomaco quando rivedi le foto di te a tre anni.

Un sorriso. Ingenuo e buffissimo di mio figlio Vittorio, quando imito Paperino. E alla fine sorrido pure io.

Quello autentico di Stefania, la biscottaia di via della Luce. Che quando entro nel suo angolo di Paradiso me ne regala sempre uno (oltre a una manciata dei miei ventaglietti preferiti).
Quello bello e profondo di mia madre, largo e genuino come lei. Incorniciato da quelle rughe che la rendono una donna speciale.
Quello appena pronunciato di mio padre, che quand'ero piccola mi diede un consiglio: "non eccedere mai nella manifestazione delle tue emozioni, che siano di gioia o di dolore". E che non sono mai riuscita a seguire.

Quello nascosto sotto una barba fitta come quella del mio uomo, che ogni volta provo a ricordare come sarebbe quel sorriso a volto scoperto.

Quello che "basta poco", che ti avvicina alla gente, che ti fa sentire bella. Quello che se è vero si allarga agli occhi, arriccia il naso, sprofonda in due fossette.

Quello strano scambiato con un estraneo in ascensore. Quello furtivo di due amanti seduti allo stesso tavolo. Quello dolce di una nonna che guarda il nipotino. Quello teso di uno sposo che aspetta la sua donna all'altare.
Quello che stamattina mi ha regalato un anziano per strada, così, senza un perché.






domenica 18 novembre 2012

Domenica dolce domenica

Belli e buoni. Ma non erano come gli originali. Per farli ho usato la ricetta della Parodi:

275 gr di farina di mandorle ben mixata con 210 gr di zucchero semolato.
6 albumi montati a neve con 250 gr di zucchero a velo.
Ho incorporato i due composti e aggiunto un filo di colorante in polvere; ho formato i dischetti con la sac-à-poche su carta da forno e lasciato asciugare 1h.
Infornato a 150 gradi per 10 minuti e lasciato freddare. Unito i due dischetti di meringa con ganache al cioccolato, crema di cioccolato bianco, crema di pistacchio, dulce de leche (questi ultimi somigliano ai macarons caramel au beurre salé).
Riposto in frigo per una notte e servito a temperatura ambiente.

Vabè. Di sapore ci siamo. Ma erano ruvidi sulla superficie (che però aveva la crosticina giusta) e non avevano la tipica aureola arricciata che hanno quelli perfetti.

Primo set: Macarons 1 - Manuela 0.
Ma il match è lungo e io sono un osso duro. Appuntamento al prossimo tentativo.

Intanto il brunch è stato come sempre. Un piacere per l'umore e per i buchi di cellulite. Scrumbled eggs, sausages, fagottini di sfoglia e formaggio, polentine al forno, salmone affumicato e burro, cupcakes con creamcheese, biscotti alle mandorle, pane alle noci, torta caprese e panna montata fresca... Solo a riscriverlo mi sale la glicemia.

Dopo essere stato in braccio a chiunque e aver profuso sorrisi, Vittorio ha dormito tutto il tempo. Che meraviglia.

Una notte, per caso

Sabato notte di un autunno travestito da inverno. Sabato di pioggia e di pigrizia. Il giorno perfetto per dare peso al tempo, per assaporare un momento a tre. In cui ognuno fa qualcosa di diverso, ma sotto lo stesso tetto, insieme. 

Lui che sonnecchia beato.

Io che provo per la prima volta alle 2 di notte a fare i macarons (bello potersi nuovamente misurare con una ricetta complessa dopo la nascita di Vittorio. Magari la prossima volta scelgo un orario normale).

Il nano che scopre le manine. Il nano proprio oggi, nel giro di poche ore, scopre le sue paffute, frenetiche, meravigliose manine. Sdraiato sul lettone, le guarda come se fossero l'unica cosa che importa al mondo, in silenzio, le muove e le studia con l'attenzione di un adulto. E io mi sento così indifesa davanti a lui, all'amore immenso che provo, alla pace che mi dà osservare le sue conquiste. Basta un momento così breve e semplice per regalare un senso profondo a tutto.

Una giornata pura, fatta di niente ma piena di belle cose. Tirare fuori dall'armadio quel maglione gigante di lana che non vedi l'ora che finisca l'estate per indossarlo di nuovo. Il cappuccino gigante con un cuore sottile disegnato sulla schiuma, che ormai fanno a tutti ma che ti fa sentire tanto "a casa".

Pensare che domani anzi oggi è domenica e vedi gli amici di sempre e farai scorrere via con loro le ultime ore di una settimana importante.  Il pensiero falsissimo che "tanto da lunedì dieta", e che quindi il menù del brunch sarà da ciccioni e che va bene, benissimo così. 








sabato 17 novembre 2012

Uomini, uomini.








Ci vorrebbero sempre perfette, sempre appena uscite da parrucchiere ed estetista. Ma certe volte  dovrebbero fare un piccolo sforzo, guardare dentro i propri armadi e pentirsi.
Pile infinite di jeans informi. Maglioni che declinano ogni sfumatura di colore ma tutti identici. Scarpe da ginnastica vecchie di dieci anni ma "per carità queste non si possono buttare perché nel 1996 ci abbiamo vinto i mondiali".
Per tanti di loro lo stile è un estraneo che bussa alla porta solo in occasione del proprio matrimonio o di qualche evento straordinario. Per il resto la mattina si svegliano, si lavano, caffè, e poi escono di casa con quello che capita, tanto chissenefrega. Se usassero la bici per andare al lavoro sembrerebbe di stare a Pechino.
Eppure ci vorrebbe così poco. Un dettaglio, uno stupidissimo dettaglio per renderli inconfondibili. Unici. Bellissimi.
Gli uomini italiani, questa razza così affascinante e allo stesso tempo ostinata. Con la fortuna di essere nella patria del buon gusto e con una presunzione tale da fregarsene dello stile. Così anacronistici da credere che "l'abito non fa il monaco", che per essere interessanti basta dire le cose giuste, essere intelligenti, colti, impegnati. 
(Ah, uomini, uomini. Avete presente le donne? Vi basta che siano intelligenti, colte, impegnate? No? Volete che siano anche bellocce, con le tette grandi e ben vestite? Ecco, appunto.)
Sul web proliferano siti di fotografi che si dedicano prevalentemente a loro, alla fantasia che ci mettono, al coraggio nello sperimentare nuovi abbinamenti e tagli e forme e oggetti. The Sartorialist è diventato famoso così, fotografando gli uomini e il loro stile. Ma sembra che all'infuori di Milano, l'Italia dell'uomo sia rimasta ferma a 30 anni fa. Gli unici ad evolversi inesorabilmente e in forme abominevoli sono i coatti, che di anno in anno tirano fuori il peggio a suon di brillantini e giacconi impellicciati.
Dico solo: guardatevi di più intorno, perché a noi donne di come vi vestite interessa eccome. Datevi da fare. Copiate, se necessario. Eccheccavolo.











Images: Pinterest.com - The Sartorialist