giovedì 30 maggio 2013

L'untore e la cipolla

C'è chi sta imbronciata tutto il giorno.
Chi si arrabbia con tutti senza ragione.
Chi si fa una corsetta per scaricare.

Io metto lo smalto nero. Come le bimbeminkia.

Eh, oggi è così. È inutile giocare in opposizione. La paturnia va assecondata e traghettata lontano, cioè al giorno che viene dopo.

Io in effetti lo vedevo strano, quel capomastro lì. Quello che mi ristruttura la casa nella quale - a questo punto in teoria - dovrei entrare i primi di luglio.
Era alle prese coi termosifoni di ghisa, girato di tre quarti, e ho intravisto un colorito strano. "Senta signor Raul, ma lei normalmente è verde ramarro? No perché ora è verde ramarro". "Hoy, effectibamente no me siento proprio muy muy bien. Me sa che voy al pronto socorso". Che già io mi sono detta, ma uno che si sente due linee di febbre mica va al pronto soccorso, si prende uno zerinol, al massimo.

Insomma, il signor Raul va al pronto soccorso e lì resta: broncopolmonite virale. Ricoverato in ospedale. Che quando hai un figlio di dieci mesi, che c'è di più opportuno dello stare spalla a spalla con uno che ha la broncopolmonite virale?

È stata mia madre a darmi la notizia al telefono, con tono preoccupato.

"Sai cara, Raul sarà fuori gioco per qualche tempo. Ora che ci penso, dovevo sospettare che non stesse tanto bene."

"Perché mamma?"

"Beh, qualche giorno fa sono salita a vedere i lavori e sentivo questo fortissimo, pungente odore di cipolla."

"Non ti seguo. Con la broncopolmonite uno odora di cipolla?"

"No, ovvio che no. Credevo si fosse mangiato le cipolle crude. Che schifo."

"C'è chi lo fa. Al liceo il prof di italiano le mangiava a colazione. Se solo ripenso alla puzza... Vabè ma questo che c'entra? Continuo a non capire."

"Gli impacchi! Si faceva gli impacchi!"

"Ma chi? Dove? Gli impacchi con la cipolla?"

"Sì. Nel loro paese funziona così. È un metodo infallibile per la guarigione. Tagliano la cipolla a fette e se la mettono dove gli fa male. Un bel cinturone di cipolle."

"Metodo infallibile. Bel cinturone. Sei stata all'outlet degli aggettivi? Dubito che quando l'hanno visto all'ospedale gli abbiano detto 'menomale che ci hai le cipolle, se solo tutti usassero le cipolle noi smetteremmo di esistere'. Mamma, ma ti rendi conto? Avevamo l'untore a casa, un untore incipollato, e non sapevamo nulla. Questa è una tragedia."

"Mah, una tragedia... Non esagerare. Verrà un suo fidatissimo aiutante che porterà avanti in modo irreprensibile i lavori."

Fidatissimo e irreprensibile. È chiaro che mia madre è in credito di aggettivi, ma di brutto.

Il fidatissimo aiutante dopo cinque minuti di sopralluogo voleva buttare giù pareti e fare colate di cemento alla rinfusa, sotto il motto "ce penso yo ce penso yo". Dopo mezz'ora di suoi "irreprensibili" buoni propositi, è stato rispedito al mittente con una sonora pacca sulla spalla.

Oggi pare che l'untore stia un po' meglio. Ma finché non lo vedo di nuovo color abbronzato coi miei occhi, mi tengo la paturnia e lo smalto nero. Mpf.



Murata Sushi

Ieri era il mercoledì della filippina. Quella giornata strana in cui tutto insieme, così, di botto, vuoi convincere te stessa di poter vivere una serata NoFiglioNoUomoZone esattamente come quando non avevi né l'uno né l'altro. Il trascurabile dettaglio che ometti di raccontarti è che da allora sono trascorsi anni. Non molti anni, dopo tutto. Ma sufficienti a lasciare della ragazza fresca e pimpante che eri solo un misero ricordo sbiadito.

Tu fai comunque la vaga: torni a casa dopo dodici ore fuori tra piscina con il mostro, ristrutturazione di casa (con tanto di elettricista che - incapace di intercettare il tuo pessimismo cosmico e il disorientamento esistenziale della presa elettrica - ti chiede scocciato: "a signo', ma ste tracce 'ndo' le devo mette? 'A luce mica l'accenne 'o spirito santo". Con un che di vagamente blasfemo, tra l'altro). Dicevo: torni dopo piscina, ristrutturazione, lavoro, traffico smodato, e la tua prima mossa tattica per reprimere il tuo lato nonnaincarriola che si addormenterebbe appoggiata allo stipite della porta è farti un caffè. Doppio.

La seconda mossa è smontare l'armadio per trovare l'indumento più giovanile che hai. Quattro metri di ante intasate di vestitipantalonicortilunghigonnepaltotmagliettinemagliettonecoprispalle e la tua esclamazione è quella dei tempi migliori. Un disperato "non ho niente da mettermi". Trovata - dopo un'ora circa e una infinita sfilata davanti allo specchio che manco la Balti - la mise che ti sembra più consona, corri in bagno per nascondere quell'occhio catalettico e soprattutto quella rughina maledetta che sta lì da cinque o sei mesi e si sta lentamente impossessando di pezzi crescenti della tua faccia. Dopo esserti ripromessa nell'ordine mesoterapia flebotonica, laser per la couperose, peeling di profondità, rimodellamento sopracciliare, ti concentri e stendi la matita sugli occhi con il tratto sottile di una schiacciasassi tremolante. E poi giù con sei chili di rossetto viola.

Esci di casa con appena 45 minuti di ritardo, proprio come ai bei vecchi tempi, e decidi di perseguire questo film dell'orrore fino in fondo: a cena con la tua amica, dal giapponese sfigato di Trastevere, ci vai a piedi. Che uno dice vabbè ma tu vivi a Trastevere, ovvio che vai a piedi, mica c'è niente di strano. Ma vaglielo a spiegare che tu ti senti vagamente inappropriata, con quel tuo look da nonnaincarriola neogotica. Con quei sei chilometri di tacco. Col rossetto viola e l'eyeliner del coltivatore diretto impegnato nella semina.

Poi stai per arrivare a destinazione e ti coglie un crampo al polpaccio sul tacco 12. Ed è lì che capisci di essere all'epilogo morale della vecchia te stessa, quella che un tempo si faceva dieci blocks di Manhattan sui trampoli ad andare e dieci a tornare. Ed era fresca come una rosa.

Finalmente arrivi al ristorante sfigato e dici a te stessa che tutto il peggio è passato. Ti portano il menù e tu scegli la novità della carta. Due rolls giganti con dentro tutto lo scibile nipponico.

L'amica ti guarda perplessa. "Di tutta la lista, ma tu per forza una cosa che si chiama Murata sushi?".

In compenso ti diverti e ridete come due ragazzine. Che la vecchia me stessa in confronto era una babbiona.

Post scriptum: la Falanghina non perdona. Amabile collaboratrice lì per lì, nel mandare giù il Murata Sushi, la mattina seguente ti si rivolta contro e ti fa sentire come appena tornata da un rave party.











martedì 28 maggio 2013

Quei giorni

Quei giorni così. Che hai bisogno di prendere le distanze da tutto. E da tutti.

Quei giorni che non riesci a respirare aria a pieni polmoni perché c'è un nodo stretto che ti comprime lo sterno e non sai perché stia lì né come ammorbidirlo.

Quei giorni che la tua amica meteora sta con te ventiquattr'ore ma poi ti svegli che è ripartita. E avresti ancora bisogno dei suoi sorrisi puliti, del suo sguardo attento mentre le racconti di te, delle sue osservazioni secche e intelligenti. Di quel ritrovarsi sempre vicine, nonostante il tempo e lo spazio che separano ogni incontro.

Quei giorni in cui pensi che Vittorio ha quasi dieci mesi ma a te sembrano dieci anni. Perché lo specchio non fa più sconti e l'orologio neanche. E fai fatica a fare tutto.

Quei giorni che una passeggiata dietro casa ti fa stare bene. E il pensiero di andartene ti fa stare meno bene.

Quei giorni che guardi le vecchie foto e non ti riconosci. Perché ridevi sempre, ti vestivi come una matta, facevi tante cose e ti sembravano niente, avevi la valigia sempre piena, non pensavi al "dopo che succede".

Quei giorni in cui vorresti nuotare. Tanto. Da sola. Immergerti e sentire i rumori ovattati dei sassi che si muovono sul fondo, guardare sulla superficie quell'incrocio perfetto di luci e ombre che disegnano il limite tra acqua e aria. E poi fare come da piccola, quando a un certo punto non esistevi più per nessuno. Sdraiata al sole come una lucertola. Musica nelle orecchie, alta. Altissima.

















lunedì 27 maggio 2013

Angelina Ballerina

Erano settimane che pensavo e ripensavo a questo fatto che se il nano non piange minimo mezz'ora prima di dormire non è contento. Sia la sera, prima della nanna, che nel corso della giornata, per i pisolini.
Sabato ero stremata/sfinita/sfibrata/smunta/smaciullata. Erano le 14 e vittorio si apprestava alla sua solita trasfigurazione pre-sonno, quella che si svolge più o meno in quest'ordine:

Passo uno: sono un bambino angelico, batto le manine, sorrido felice, gioco autonomamente. Se tu mamma ti avvicini per darmi un bacetto me lo prendo, e poi ti faccio un sorrisetto arredato da sei dentini bianchi.

Passo due: sono un bambino un po' meno angelico, non batto le manine e anzi se me lo chiedi mi irrito. Se ti avvicini ti scanso. Se mi guardi ti imbruttisco. Però se mi fai una faccia buffa non è che sorrido, rido proprio con le lacrime agli occhi come un posseduto dal demonio. E poi senza un vero perché piango. Così. Tanto per fare qualcosa.

Passo tre: del bambino angelico nessuna traccia. Mi sono trasformato in un'anguilla. Gattono veloce come un fuso, sudo, ho manie omicide: mi voglio buttare di sotto se sono sul letto; giù per le scale se sono per terra; do testate al muro con tutta la forza che ho e rido e mi diverto, il dolore mi piega ma non mi spezza.

E' a quel punto che stavolta, in un sabato che mi vede stremata/sfinita/sfibrata/smunta/smaciullata, me lo metto seduto vicino a letto e accendo la tv. Canale 602 di Sky. Ed eccola lì, Angelina Ballerina.

Trattasi di un orrendo topo grigio, con la coda lunga lunga e il muso appuntito. Vestito con un tutù rosa molto poco rassicurante. Che si aggira per una casa scarna e brutta, con un papà ancora più grigio e brutto e fratelli e sorelle e amici e amiche satellite che ballano senza un vero perché. Cioè, secondo la trama sarebbe la "festa dei bambini", ma nella pratica questa tristissima famigliola non ha nulla da festeggiare.

In mezz'ora di questo osceno cartone animato succede di tutto: il fratello perde l'aquilone e piange come un agnello; la sorella (o l'amica? non so) si sfracella per le scale di casa mentre tutti ballano questa danza simil-giapponese con dei ventagli; due amichette ballando si danno una capocciata a vicenda. Insomma dopo un po' si ritrovano tutti in salotto, si guardano in faccia e dicono "ammazza che festa di merda". Ovviamente non dicono proprio così, ma il senso è quello. Poi a un certo punto una folata di vento spalanca la porta ed entra una foglia a forma di pesce. Apriti cielo. Ricominciano tutti a ballare felici, quella foglia è un segno del destino.

Vabè. Tempo di capire di quali droghe pesanti si approvvigioni l'ideatore di Angelina Ballerina, e sento un peso morto sulla spalla. Belfagor si è addormentato. Di sasso. Non un pianto. Non una mossa. Non un morso.

E' proprio vero. Le strade del Signore sono insondabili e misteriose. Angelina Ballerina è una di queste.

mercoledì 22 maggio 2013

Un buon motivo per brindare

Non capivo perché col diluvio universale, con la stanchezza di una giornata d'inferno, con Vittorio da sciacquettare e una cena un po' triste ma incredibilmente pronta in frigo, Lui insistesse tanto perché andassimo a cena nel mio ristorante preferito. A tutti i costi.

Una volta seduti davanti a quel sushi bar gonfio dei miei amati piattini colorati, e io lì a seguire tutto quel ben di dio con lo sguardo come una che non mangia da due vite, mi dice: "e il vino non lo vuoi?". Lui che non lo beve da quasi un anno, in totale adempimento di un fioretto durissimo fatto per scongiurare gli effetti della toxoplasmosi su Vittorio: niente fumo e alcol per 12 mesi.
Una volta avuto il mio bel calice di bianco, e lui con la sua misera acqua liscia, compiamo il solito rito. Intingo un dito nel mio bicchiere e ci bagno il suo, cosicché possiamo brindare.

"Non ti sembra un po' esagerato tutto questo per l'onomastico di nostro figlio? Io il mio non so nemmeno quand'è."

"Non è un buon motivo per brindare?"

"Mah... Per carità eh... Però..."

"Hai ragione. Te ne do uno migliore?"

"Ecco, sì, grazie..."

"Mi hanno firmato i documenti del divorzio. Dopo l'estate ci sarà l'udienza... E poi..."

Ci siamo guardati ridendo, con la stessa cosa in testa: "...Abbiamo esaurito le scuse per non sposarci".

Abbiamo brindato a noi. E poi mi sono ingozzata di sushi, come sempre. E sono tornata a casa satolla, felice e vagamente nauseata dal wasabi.

P.s.: dovevamo convolare a nozze fra un mese esatto da oggi. Il 22 giugno. Ma il "destino" ha voluto che l'iter per chiudere i conti col passato fosse più lungo e in salita del previsto. Guardo il bicchiere mezzo pieno: Vittorio fra un anno sarà perfettamente in grado di portarci le fedi. O di scappare via con esse, ipotesi niente affatto da escludere.











Nevermind

Perle sulla riva del fiume, ore sette.

martedì 21 maggio 2013

Santo ma non troppo

Tanti auguri, ET, per il tuo onomastico.

Stamattina sono andata su Wikipedia per sapere qualcosa in più sul tuo nome. Pare che derivi dal latino "victor", vincitore. Simboleggia la vittoria del bene sul male.

Il nome alterato è Vettore, Vittorino, Vettorino. Sto pensando a quale malata di mente possa chiamare il figlio Vettorino, ma questo non ha nulla a che fare con te.

San Vittorio era martire a Cesarea. Tu del martire non hai un bel niente, gli unici martiri siamo quel santo di tuo padre ed io.

Urli come un'aquila, mordi come un leone, mangi come un maiale. Ma resti sempre il mio cucciolo preferito.




domenica 19 maggio 2013

Già mi manchi

I lavori della nuova casa vanno veloci come un fuso. E tu vorresti immobilizzare il tempo per rimanere un altro po' qui. In questo che all'inizio ti sembrava un luogo ostile, lontano da te. Ma che dopo quasi tre anni è diventato casa.

I vicini sono diventati amici. Hai scoperto i tuoi posti privilegiati. Per mangiare, per bere, per passeggiare, perfino per correre. Il parcheggiatore napoletano di piazza in piscinula ti guardava male, oggi ti dà del tu e quando gli offri il caffè ti racconta pezzi della sua vita. Anche se non capisci quasi mai quello che ti dice.

Tuo figlio qui ci è nato. I sampietrini lo hanno cullato riuscendo nell'opera impossibile di farlo dormire beato.

Ti senti parte di un dipinto. Grossolano e difettoso, com'è Trastevere. Ma affascinante e solare, che più lo guardi e più lo guarderesti.

Manca poco più di un mese al momento del trasloco e questa casa, questo posto già ti mancano.










lunedì 13 maggio 2013

Monday morning run

Non ricordavi più nemmeno la sensazione. La fatica. La spossatezza del dopo. L'energia che si sprigiona. La bellezza di Roma sulla riva del Tevere.

Su quella pista ciclabile alle 7 di mattina era tutto perfetto. L'unica nota stonata eri tu, un bradipo ciccione sotto sforzo.

Correre è un impegno che rimandi da due anni, inghiottita dalla gravidanza, poi dai ritmi quotidiani, poi dalla pigrizia. Ma poi arriva quel famoso lunedi, quello della frase ricorrente "lunedi comincio" ma che hai sempre glissato con vaghezza da attrice, in cui hai completamente esaurito le scuse. E soprattutto l'indulgenza verso te stessa che ti accompagna dalla nascita del nano: "tranquilla, hai appena avuto un figlio". Un mantra da ripetere sotto la doccia, passando davanti alle vetrine, faccia a faccia con lo specchio di casa. Poi arriva quel famoso lunedi in cui lo specchio ti dice: "bella, tuo figlio oggi compie nove mesi. Scrolla quel tuo culone pesante e corri. Ma tanto."

Oggi per i nove mesi tondi di Vittorio ho regalato a lui e a me stessa questo. Un nuovo impegno, un nuovo inizio. E che il fisico mi assista.









Auguri a me stessa

Uno. Mi è caduto dal passeggino. Un volo infinito, sebbene di pochi centimetri. Un tonfo sull'asfalto e l'impressione che rimbalzasse. Un suo pianto disperato e la mia angoscia più profonda. Il suo primo tuffo senza paracadute. L'ho preso in braccio e ho sdrammatizzato, attraversando la strada e mostrandogli il mare. In mezzo a quei lacrimoni si è schiuso un grande sorriso che mi ha riappacificata col mondo.

Due. Ha dormito tutta la notte. Perché certe volte capita. E se la mattina successiva è pure la festa della mamma, allora vuol dire che Dio c'è. A intermittenza, ma c'è.

Tre. Dopo pranzo ha fatto un pisolino di due ore mentre tutti noi prendevamo il sole e ci rilassavamo sull'erba. Il pisolino più lungo della storia. Dio si è palesato di nuovo.

Quattro. Quando si è svegliato era simpatico e affamato come un camionista. Nessuna novità. Poi si è fatto sei litri di pipì addosso, fin su in alto, alla collottola, e io non avevo i calzoni di ricambio. Anche qui nessuna novità.

Auguri a me stessa. Auguri, amore mio. Auguri, mamma.













venerdì 10 maggio 2013

Il corso di acquaticità per neonati

Quando è tornata la primavera, con le sue giornate tiepide e il sole alto, mi sono fatta coraggio e ho portato di nuovo Vittorio in piscina. Al corso di acquaticità.

Quando l'avevo iscritto era bastata una sola lezione, la prima mezz'ora in ammollo, per riportarmelo a casa malaticcio e catarroso come un vecchio di ottant'anni. Da lì si era innescata una catena letale di febbriciattole che ci siamo amabilmente tramandati in famiglia per un mese abbondante. Mi ero ripromessa che non gli avrei fatto rivedere l'acqua (nemmeno quella del bagnetto, con sdegno di nonna e tata) finché non si fosse finalmente rimesso un po' in sesto.

Insomma rieccoci, con questo corso di acquaticità. Che meraviglia. Mio figlio in un'altra vita era un pesce. Uno scorfano, così a occhio e croce. Ma uno scorfano simpaticissimo e sorridente, sguazzante, gioioso, incredibilmente a suo agio nell'acqua.

Guarda i giochi di luce con meraviglia, osserva attento le gocce che gli scorrono addosso, giocherella con le palline colorate galleggianti che prova ad afferrare e gli sfuggono di mano. Insomma si diverte da matti e quando lo tiri fuori la sua espressione è: "già finito?".

Unico elemento un po' controverso è l'immersione. Il metodo adottato dalla nostra istruttrice - che guarda un po' si chiama... MARINA - non prevede segnali o comandi che abituino il bambino ad aspettarsi di essere immerso con la testa. Morale: il piccolo malcapitato viene preso alla sprovvista e appozzato, beve sei o sette litri di piscina, lo tiri fuori che annaspa e ha la faccia dell'urlo di Munch, e quando la lezione finisce ha una panza gonfia d'acqua che pare un gavettone di fine anno scolastico.

Se ve lo state chiedendo, la risposta è NO: non mi sento affatto una madre snaturata. Il corso di acquaticità aiuta genitore e figlio a stabilire un fortissimo legame di fiducia e un contatto fisico basato sull'istinto. Vittorio si affida a me, non ha paura e si lascia condurre verso l'indipendenza in acqua (così come avverrà nella vita). Dalla prima lezione che imponeva di tenerlo stretto al petto per farlo sentire protetto, in soli tre incontri lui afferra con le mani i miei pollici e sgambetta per conto suo. No, non sa nuotare. Non è un corso di nuoto, è un corso di acquaticità. Che è diverso. Per farlo diventare Ian Thorpe c'è tempo.

martedì 7 maggio 2013

Un altro ritaglio per te

Sai, oggi ero davanti a quel portone di corso Vittorio Emanuele e guardavo il viavai incessante di persone come fosse un film lontano.
Quell'uomo che viveva là dentro non l'ho mai conosciuto. Tutto il male e il bene di lui l'ho letto sui giornali o l'ho visto in televisione. Ma la sensazione netta era che in fondo quell'uomo era un pezzo anche della mia, di vita, perché da quando ho memoria un Giulio Andreotti è sempre esistito, ed è sempre stato il divo.
Oggi qualcuno scherzava: tanto domani rispunta dalla tomba, "ci siete cascati". Perché che anche Giulio Andreotti muoia davvero è una notizia sorprendente.
Domani ripeterò il solito gesto che compio da circa nove mesi nei giorni in cui qualche notizia mi sembra più giusta a comporre il tuo puzzle: darò un'occhiata ai giornali e sceglierò quello con il titolo migliore; dopo averlo letto ritaglierò quel titolo, magari una foto, e li conserverò per te.
Quando avrai un'età per interessarti ai miei ritagli scoprirai così che un uragano col nome dolce di donna è stato in grado di portarsi via cento anime in poche ore e ridisegnare le cartine geografiche della zona di New York.

Che i Maya non ci azzeccano manco un po', per fortuna.

Che la gente negli USA fa come nei videogames e uccide. Decine di bambini. Spesso.

Che un uomo lanciato a tutta velocità da 39mila metri di altezza supera la velocità del suono. E gli mancano due o tre rotelle ma sicuramente è felice.

Che il Festival di Sanremo è una continua brutta notizia: quando finalmente sembra che Elio abbia la vittoria in pugno, arriva primo Marco Mengoni.

Che in Italia un movimento con cinque stelle si è portato a casa un terzo dei voti del Paese.

Che un Papa si è dimesso e un altro da molto lontano è arrivato, tanto che in Vaticano ce n'erano due insieme.

Che un uomo ultraottantenne ha amato l'Italia al punto di farsi rieleggere Presidente per la seconda volta pur di tenerne insieme i cocci. Ma che si commuoveva continuamente, che nemmeno mia nonna davanti alle telenovele.

Che anche quelle figure misteriose, controverse e apparentemente immortali che hanno fatto la storia di questo malandato Paese, a un certo punto muoiono.





domenica 5 maggio 2013

Una pappa gourmet

È da quando ho svezzato Vittorio che mi chiedo come sia possibile dargli sempre da mangiare la solita pappa. Se fosse per i pediatri il problema non si porrebbe proprio: neonato sano equivale a neonato nutrito bene, non importa se sempre con lo stesso pappone.

Qualche tempo fa da Eataly ho comprato uno splendido libro di ricette per bimbi dai sei mesi ai tre anni, scritto dal mitico Alain Ducasse. Della serie, anche i neonati hanno un palato.

Le ricette sono articolate secondo gli ingredienti base e le fasi della crescita. Passati freschi, composte, abbinamenti inusuali con formaggi e odori stagionali... Meraviglioso.

Oggi ho provato a rivisitarne una, ed è uscita fuori una purea di zucchine e patate con pollo.

Ho preso:
Una patata grande
Due zucchine chiare
Una fettina sottile di petto di pollo
Un cucchiaino di parmigiano
Un cucchiaino d'olio
50ml di latte di proseguimento (con lui uso latte di capra della Amalattea)
Un pizzico di sale.

Ho tagliato a tocchetti piccoli patata e zucchine e li ho cotti al vapore per 15 minuti. Poi li ho frullati con il latte, il parmigiano e il sale.
Ho messo la purea in una ciotola.
Ho cotto al vapore anche il pollo tagliato a pezzetti e poi frullato da solo finemente. L'ho sistemato sulla purea e poi ho condito con l'olio extravergine di oliva.

Risultato: quello della foto. Bellissima da vedere. Effetti: gioia estrema di Vittorio, che per la prima volta si è misurato con sapori distinti e non mescolati, come quello dell'olio e del pollo, oltre che con pezzetti di verdura e di carne un po' più consistenti. Oggi lui ha quasi nove mesi e quando gli do la possibilità di sgranocchiare qualcosa ride come un matto (vedi crosta del pane, carota, arancia).

Pubblicherò presto gli altri esperimenti.