giovedì 30 maggio 2013

Murata Sushi

Ieri era il mercoledì della filippina. Quella giornata strana in cui tutto insieme, così, di botto, vuoi convincere te stessa di poter vivere una serata NoFiglioNoUomoZone esattamente come quando non avevi né l'uno né l'altro. Il trascurabile dettaglio che ometti di raccontarti è che da allora sono trascorsi anni. Non molti anni, dopo tutto. Ma sufficienti a lasciare della ragazza fresca e pimpante che eri solo un misero ricordo sbiadito.

Tu fai comunque la vaga: torni a casa dopo dodici ore fuori tra piscina con il mostro, ristrutturazione di casa (con tanto di elettricista che - incapace di intercettare il tuo pessimismo cosmico e il disorientamento esistenziale della presa elettrica - ti chiede scocciato: "a signo', ma ste tracce 'ndo' le devo mette? 'A luce mica l'accenne 'o spirito santo". Con un che di vagamente blasfemo, tra l'altro). Dicevo: torni dopo piscina, ristrutturazione, lavoro, traffico smodato, e la tua prima mossa tattica per reprimere il tuo lato nonnaincarriola che si addormenterebbe appoggiata allo stipite della porta è farti un caffè. Doppio.

La seconda mossa è smontare l'armadio per trovare l'indumento più giovanile che hai. Quattro metri di ante intasate di vestitipantalonicortilunghigonnepaltotmagliettinemagliettonecoprispalle e la tua esclamazione è quella dei tempi migliori. Un disperato "non ho niente da mettermi". Trovata - dopo un'ora circa e una infinita sfilata davanti allo specchio che manco la Balti - la mise che ti sembra più consona, corri in bagno per nascondere quell'occhio catalettico e soprattutto quella rughina maledetta che sta lì da cinque o sei mesi e si sta lentamente impossessando di pezzi crescenti della tua faccia. Dopo esserti ripromessa nell'ordine mesoterapia flebotonica, laser per la couperose, peeling di profondità, rimodellamento sopracciliare, ti concentri e stendi la matita sugli occhi con il tratto sottile di una schiacciasassi tremolante. E poi giù con sei chili di rossetto viola.

Esci di casa con appena 45 minuti di ritardo, proprio come ai bei vecchi tempi, e decidi di perseguire questo film dell'orrore fino in fondo: a cena con la tua amica, dal giapponese sfigato di Trastevere, ci vai a piedi. Che uno dice vabbè ma tu vivi a Trastevere, ovvio che vai a piedi, mica c'è niente di strano. Ma vaglielo a spiegare che tu ti senti vagamente inappropriata, con quel tuo look da nonnaincarriola neogotica. Con quei sei chilometri di tacco. Col rossetto viola e l'eyeliner del coltivatore diretto impegnato nella semina.

Poi stai per arrivare a destinazione e ti coglie un crampo al polpaccio sul tacco 12. Ed è lì che capisci di essere all'epilogo morale della vecchia te stessa, quella che un tempo si faceva dieci blocks di Manhattan sui trampoli ad andare e dieci a tornare. Ed era fresca come una rosa.

Finalmente arrivi al ristorante sfigato e dici a te stessa che tutto il peggio è passato. Ti portano il menù e tu scegli la novità della carta. Due rolls giganti con dentro tutto lo scibile nipponico.

L'amica ti guarda perplessa. "Di tutta la lista, ma tu per forza una cosa che si chiama Murata sushi?".

In compenso ti diverti e ridete come due ragazzine. Che la vecchia me stessa in confronto era una babbiona.

Post scriptum: la Falanghina non perdona. Amabile collaboratrice lì per lì, nel mandare giù il Murata Sushi, la mattina seguente ti si rivolta contro e ti fa sentire come appena tornata da un rave party.











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