lunedì 23 settembre 2013

Del grasso che se ne va e del baule che voleva essere un armadio.

Ho smesso di suonare il pianoforte proprio quando i vicini di casa non insonorizzavano più le finestre al mio strimpellìo.

Ho smesso di praticare lo sci nautico al lago proprio mentre cominciavo a perdere le sembianze di un'esca viva attaccata all'amo.

Ho deciso che il francese poteva cavarsela anche senza di me proprio quando i francesi non avevano più un enorme punto interrogativo stampato in faccia mentre mi rivolgevo a loro.

Insomma ho interrotto tutto, sempre. Storie d'amore sul più bello, sport, arti, svaghi vari ed eventuali, letture. Tanto da fornire a mio padre nel tempo un potente elemento col quale minare la mia autostima a colpi di "non finisci mai quello che cominci".

Poi invece arriva il fatidico giorno della riscossa.

Il 7 gennaio 2013 lo avevo annunciato: "da oggi dieta e torno com'ero prima di Vittorio".

Otto mesi, dodici chili e venti sogni a base di amatriciana e hamburger dopo, ho portato a termine la mia mission e oggi peso tre chili in meno rispetto all'ottobre del 2011, quando ignara di stare per trasformarmi in una costa concordia spiaggiata, svenivo qua e là e davo di stomaco anche nel sonno.

Foto di allora mi ritraggono col verme solitario, perennemente alle prese con cibi di ogni fattezza. Manuela con la maxi pizza all'autogrill: ce l'ho. Manuela che addenta sei chili di torta al cioccolato: fatto. Manuela che si spara un hamburgerone come se non vi fosse un domani, con sorriso a 50 denti: presente.

Poi a un certo punto ho pensato che non mi sarebbe piaciuto un figlio che intorno ai quattro anni mi dicesse "mamma sei tanto bella anche se sei grassa". I bimbi notano il sovrappeso altrui proprio come i grandi, solo che poi i grandi hanno il buon cuore di tenerselo per sé (o - se sono bastardi - renderlo argomento di conversazione a cena con amici comuni. "Hai visto Maria che panza che ha messo?" "eh sì però hai visto pure quanto magna?"). I piccoli no, sputano fuori tutto senza rete drenante tra il cervello e la lingua. Croce e delizia dell'infanzia.

Vabè. Quindi mio figlio da adesso al massimo dirà "mamma sei tanto bella anche se sei un po' scema". A questo avrò qualche difficoltà in più per porre rimedio. Anche perché è vero.

MA c'è un ma. Quando mio figlio mi dirà così - oltre a beccare una serie lunga di mazzate sulle gengive - potrò sempre dirgli "tu quoque, fili mi. Tu, figlio ingrato come tuo padre, che denigra la sacra arte del recupero. Tu, che a un anno ricevesti in dono un vecchio baule che la tua mamma dalle mani d'oro trasformò in uno splendido armadio. Quella mamma tanto paziente e tenace da trascorrere un'ora in un negozio di vernici e colori. Non un negozio di scarpe. Non un negozio di borse. Non un negozio di vestiti. Un negozio di vernici e colori. Per scegliere la gradazione perfetta di VERDE SALVIA per il tuo armadio recuperato da un baule. E per vedermi umiliare dal titolare al suon di ma lei il concetto di PALETTE non lo conosce?. Tu. Cattivo."

Sì. Ho tutto.

Pennelli due.
Cementite a pioggia.
Vernice Boero color verde salvia, alias codice 49B-40 - fatta ad hoc per me - chili uno.
Carta vetrata metri tre.
Carta adesiva protettiva, rotoli due.
Giornali vecchi, a pacchi.
Buona volontà e pazienza, quanto basta.

Domani si parte. Evvai col DIY. Sparatemi.







4 commenti:

  1. Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.

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    1. Grazie cara :)
      Stamattina ero alle prese con la prima fase: studia il nemico e organizza l'offesa. Quel baule è talmente vecchio e "incartapecorito" che sarà una battaglia lunga e sanguinosa...
      Ti aggiorno!!!

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    2. Silvia volevo aggiungere una cosa e inavvertitamente con il cellulare ho cliccato Elimina sul tuo commento. Sorry non volevo!!! :(

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