sabato 22 giugno 2013

In libertà condizionata

Sei in un letto d'albergo - su un'isola color pastello - con la panza piena di pesce - con un mojito da ammortizzare - con Lui è gli amici da goderti - con due giorni di pace da assaporare. Alle ore due di notte guardi il soffitto e pensi: "io senza mio figlio sto una bomba".

E mentre lo sussurri al lato grigio del tuo cervello già senti le reprimende durissime delle mamme napisan, che il figlio non lo lasciano solo nemmeno per fare la pipì.

Invece tu, donna ignobilis, lo molli ai nonni perché hai bisogno di respirare. Ma proprio bisogno. Cioè che se non stacchi un attimo la spina mordi ma di brutto.

È allora che te ne vai dritta dritta su quell'isola che per te rappresenta molto, vai a ringraziare il suo patrono a cui ti sei raccomandata un anno fa per la salute di tuo figlio e per la toxo.

Ci vai con la voglia di viverti ogni attimo di quel silenzio, di quel riposo, di quella mente sgombra di tutto. Della casa che non vede luce in fondo al tunnel; del lavoro; di Vittorio, soprattutto.

Vittorio.

Quest'isola è piena di Vittorio.

All'arrivo passi davanti a quell'alberghetto turchese affacciato sul porto e ti tornano in mente immagini così fresche, così pure e dolci. Ti ricordi la prima volta che ci sei venuta, lo stupore. Ti ricordi di quel sogno fatto quel settembre di due anni fa, quando dormivi lì dentro. Sognasti di avere un bimbo di tre anni, biondo, silenzioso. Si chiamava Vittorio.
La mattina dopo, mentre facevi colazione su quella bella terrazza, un bimbo paffuto e con gli occhi azzurri scorrazzava intorno al tuo tavolo. Si fermò accanto a te e ti regalò un sorriso contagioso. Una signora che osservava la scena ti sussurrò "ma allora è lei la mamma di Vittorio..."

Due mesi dopo rimanevi incinta e decidevi che quella strana combinazione meritasse di essere valorizzata. Tuo figlio doveva chiamarsi così.

Vittorio.

Dormirà? Avrà mangiato? Starà bene con i nonni? Un pensiero fisso nella sua assenza, ma la libertà di rimanere seduta se ti va. Di alzarti se ti va. Di bere, se ti va. Di dormire, anche. Quella libertà che però non è più la stessa perché non profuma più di spensieratezza. Ma forse proprio per questo assaporata in ogni sua piccola declinazione.

E il sale sulla pelle e i ricci mangiati sul barchino, in una caletta solo nostra. Noi quattro, amici veri. Che ridiamo per nulla e insieme siamo di nuovo adolescenti in vacanza. E lei ed io farci stampare una maglietta a testa, con il nostro motto idiota, per immortalare questo scorcio d'estate che ingrana a stento ma che odora di libertà, nonostante tutto.











2 commenti:

  1. E' vero, è proprio così. Desideri tanto un momento senza prole e quando lo ottieni va a finire che pensi a loro...
    Però sono così belli e importanti questi momenti che un velo di malinconia ci può anche stare.
    (io e MaschioAlfa fra un mese esatto saremo a Venezia!!!!)

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    1. Ci voleva un weekend di distacco. Ma il lunedì ricominciare è una mattonata!!! :)
      Buona Venezia... Che meraviglia...

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