Riparto da qui. Da via Titta Scarpetta. Dalla mia casa nel cuore di Trastevere, compagna di tante giornate. Delle feste incasinate che non sai dove infilare gli amici ritardatari. Dei brunch la domenica che quel chiostro pieno di fiori ne ha sentite di tutti i colori. Dei film in bianco e nero con Lui sotto il piumone e i calzini di lana e i biscotti appena sfornati. Delle mattine di pioggia fatte di pigrizia e cappuccino a guardare fuori e perdersi.
Una compagna silenziosa e avvolgente, come devono essere le dimore che ti restano dentro per tutta la vita. Un'amica piccola e solare, che ti viene voglia di cambiarla continuamente ma poi ti piace così e resta sempre uguale. Una confidente speciale che merita fiori freschi sul tavolo. Anche quando fa freddo: dentro tulipani colorati, fuori ciclamini bianchi e rossi.
Riparto da qui perché a via Titta Scarpetta ho scoperto che la casa non è solo quattro mura. Si può trasformare con te. Può racchiudere segreti inconfessabili. Può assorbire le risate forti dei tuoi amici e cancellare un cattivo pensiero.
Può farti sentire indipendente, mediamente gnocca talvolta, tremendamente cessa nelle giornate no, con quello specchio terra-cielo che non fa sconti a nessuno, nemmeno a te.
La casa è in grado di metterti di fronte ai tuoi limiti.
Ti fa annegare nel tuo disordine cronico, sprofondare sotto dune di vestiti-oggetti-appunti-cianfrusaglie. O all'inverso ti dice che la mania della pulizia quella delle casalinghe disperate è passata di moda negli anni 50, perché una casa troppo pulita e troppo precisa non è casa. Ti insegna cosa non sai fare, te lo grida quando bruci la roba nel forno o fai diventare il tuo maxipull preferito un golfino che ti arriva all'ombelico.
In certi casi il luogo in cui abiti può immortalare qualcosa di sfuggente com'è la gioia. A me è successo esattamente tre mesi fa, quando per la prima volta ho varcato la soglia con mio figlio in braccio. Uscire in due una domenica mattina di sole rovente, 40 gradi fuori, con la fatica e l'emozione e la paura e un grande punto interrogativo che da nove mesi ti trapana il cervello. E poi una manciata di ore dopo rientrare da quella stessa porta in tre, inevitabilmente in tre, improrogabilmente in tre, naturalmente in tre, come se quel miracolo fosse la cosa più ovvia del mondo.
Ecco, oggi Vittorio ha tre mesi esatti. E per festeggiare mi regalo una pagina bianca da riempire.
Con le cose che amo.
Con quelle che detesto.
Con quelle che otterrò.
Con quelle che voglio e che ho.
Con quelle che vorrei e non avrò mai.
Con tutto e niente, che è esattamente come sono io.
Ps: i neonati sono pieni di segreti. Anche Vittorio ne ha uno.
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